Ecco l’attesa descrizione dellle modifiche tecniche che hanno portato il “Sonic Impact T-Amp” (visibile nella foto qui sotto)

ad essere trasformato nell’amplificatore più presentabile …(vedi foto sotto).

Si tratta di un mod piuttosto classico, che consiste nel prelevare l’elettronica del Sonic Impact, modificarla leggermente, aggiungere un buon alimentatore e far stare il tutto in un mobile un po’ più dignitoso dell’obbrobrio grigio col quale è fornito questo amplificatore.

Tecnica:
Il Sonic Impact è equipaggiato con l’integrato amplificatore TA2024, costruito dalla Tripath Audio, in grado di fornire una potenza di uscita di 8 + 8 Watt RMS con un’alimentazione di 12 volt ed un carico di 8 ohm. Si tratta del primo prodotto “commerciale” di questa casa costruttrice, e le prestazioni non sono proprio da capogiro (con un’alimentazione di 12 volt si possono ottenere facilmente potenze più elevate), ma la modesta potenza è compensata da una qualità sonora decisamente ottima, ed un riscaldamento estremamente contenuto anche alla massima potenza di utilizzo, che invoglia amodificare questo piccolo circuito e far sì che possa esprimere al meglio tutto quello che ha da dire!

Il segreto di queste qualità sta nell’avanzata tecnologia impiegata in questo chip: l’amplificazione è in classe T, una derivazione della classe D largamente utilizzata nel campo dell’audio di potenza e car-audio.
Sostanzialmente funziona così: il pilotaggio dell’altoparlante avviene mediante modulazione PWM, che per la classe D limita la banda a frequenze piuttosto ridotte, a causa della frequenza di pilotaggio relativamente bassa (tipicamente 50 ~ 100 kHz); nella classe T si risolve il problema impiegando onde quadre a frequenze estremamente più elevate (dell’ordine del MHz), inoltre un DSP elabora il segnale in ingresso per garantire una qualità audio ancor più aggressiva!

Un grande vantaggio del pilotaggio a commutazione è il ridottissimo calore dissipato, che garantisce rendimenti fenomenali (si parla del 90%).
Il difetto più difficile da risolvere è dato dall’introduzione di armoniche spurie, causate dall’onda quadra usata per la commutazione. Si risolve usando onde quadre a frequenze molto elevate (almeno una decade al di fuori della banda audio d’interesse, che assumiamo essere a 20 kHz), ed eventualmente lavorando sul segnale prima di inviarlo al finale a commutazione (e ciò viene fatto appunto dal DSP).

Strutturalmente, l’amplificatore in classe T integra in un circuito integrato monolitico tutti i componenti necessari al funzionamento, dallo stadio d’ingresso ai finali di potenza, e richiede pochi componenti esterni per funzionare.
Questi ultimi sono:

  • Ingresso primario, con resistenze d’ingresso e condensatori di disaccoppiamento
  • Alimentazione, da curare in modo particolare, vista l’assenza di circuiti di filtraggio e la delicatezza dell’amplificatore
  • Resistenze di precisione e capacità varie per i riferimenti interni e il guadagno
  • Filtro d’uscita, costituito dalle vistose induttanze in serie ai terminali d’uscita: il loro scopo è quello di filtrare le componenti di segnale ad altissima frequenza, che andrebbero altrimenti dissipate nell’altoparlante e comunque causerebbero rilevanti interferenze.
  • Vitali i diodi ultrarapidi di protezione per gli stadi di uscita

Praticamente tutti gli amplificatori in classe T seguono questa filosofia costruttiva, ma esistono modelli che non integrano lo stadio finale di potenza, che va realizzato con grossi MOSFET pilotati dal chip, e modelli con alimentazioni diverse (ad esempio con masse separate e tensioni diverse per la sezione logica e la sezione di comando), ma si parla di modelli dalle prestazioni più elevate.

Questa modesta presenza di componenti limita il campo d’azione dei modder, che possono al massimo sostituire qualche componente con altro equivalente o leggermente modificato (spesso ad esempio si sostituiscono le induttanze con dei nuclei toroidali, per evitare fenomeni di mutua induzione fra le stesse), e valutare “a orecchio” l’effetto della sostituzione.

Noi abbiamo effettuato poche modifiche a livello elettrico, anche a causa della rottura del chip dopo alcuni “esperimenti”, dovuta quasi sicuramente ad una tensione di lavoro troppo elevata (meglio non superare i 13 volt, nonostante le indicazioni del datasheet), ma abbiamo comunque apprezzato dei cambiamenti dopo il nostro lavoro.

Innanzitutto è stato asportato il circuito dal contenitore originale, e sono stati subito dissaldati dalla scheda il connettore jack di alimentazione, il connettore jack d’ingresso, e il cavetto che collegava il potenziometro e l’interruttore di accensione.
Va detto che la qualità costruttiva di queste schede è eccellente, il rame non è intaccato dal calore del saldatore nemmeno dopo molte saldature sullo stesso punto (e ciò è molto frequente in lavori come questo, in cui si provano molte soluzioni prima di giungere ad una conclusione definitiva).
Importante anche dissaldare i condensatori presenti in parallelo ai terminali d’uscita dell’amplificatore, che andranno riportati nel circuito che riassembleremo.

Il collegamento dei nuovi terminali d’ingresso e del nuovo potenziometro sono facilitati dalle numerose indicazioni presenti sul circuito stampato stesso, che indicano chiaramente il ruolo dei vari terminali.
Il mobile è stato approntato usando connettori RCA per gli ingressi, e normali banane per i terminali di alimentazione e le uscite per gli altoparlanti.
I connettori a banana si rivelano ottimi per questi utilizzi, in quanto permettono di fare rapidamente prove “al volo” senza dover saldare e dissaldare ogni volta i terminali dei componenti. La corrente massima sostenibile da una banana è di circa 6 Ampere, che garantisce un ampio margine per le nostre esigenze, in quanto non supereremo mai i 2-3 Ampere di assorbimento di picco.
Internamente all’amplificatore, la massa dell’alimentazione è subito collegata alla massa dei terminali RCA del segnale d’ingresso, ma assolutamente NON alla massa dei terminali d’uscita, in quanto essi sono fluttuanti e pilotati “a ponte” internamente al chip, e devono essere semplicemente riportati all’uscita senza ulteriori collegamenti.
In parallelo ai terminali d’uscita del mobile abbiamo subito saldato i due condensatori precedentemente dissaldati dall’amplificatore; il loro scopo è sempre quello di filtrare le componenti ad alta frequenza.
In serie al terminale positivo d’alimentazione abbiamo subito messo un diodo al silicio di protezione (un 1N4007 va benissimo), in caso di accidentali inversioni dei terminali d’alimentazione, che avrebbe conseguenze facilmente immaginabili sul chip! Anche se perdiamo circa 0,7 volt, possiamo compensare questa perdita regolando l’alimentatore su una tensione leggermente più elevata.
Poi proseguiamo verso un semplice interruttore, per finire sul circuito stampato. Ripristiniamo ovviamente il collegamento svolto dall’interruttore integrato nel potenziometro del Sonic Impact, saldando uno spezzoncino di filo nei dovuti terminali.
Non guasta anche un condensatore da 100 nanofarad in parallelo all’alimentazione e vicino al chip, per filtrare ulteriormente eventuali residui di alta frequenza derivanti dall’alimentatore.
Consigliato anche un condensatore di capacità più elevata (3300 uF nel nostro caso) direttamente in parallelo ai terminali dell’alimentazione in ingresso al mobile, per garantire un filtraggio ancor migliore.
Il potenziometro si può sostituire con qualsiasi tipo di potenziometro doppio logaritmico, nel nostro caso ne abbiamo scelto uno di buona qualità e schermato. La carcassa metallica del potenziometro va collegata ovviamente a massa.
Il segnale arriva dalle boccole RCA, passa per il potenziometro e poi va riportato nei terminali del circuito stampato dediti appunto agli ingressi.

Così facendo abbiamo replicato esattamente il circuito originario, che quindi suonerà esattamente come prima, salvo eventualmente qualche effetto dovuto ai condensatori in parallelo all’alimentazione, avvertibile solo usando un alimentatore esterno. L’alimentazione a pile peraltro rimane solo uno scomodo ricordo, a meno di usare un pacco pile esterno, ma a questo punto tanto valeva tenersi l’amplificatore nel mobile originale!

L’alimentazione.
Sostanzialmente dobbiamo poter disporre di una fonte a 12 volt con una corrente di un paio di Amper. Per questo potrebbe anche andar bene un alimentatore marcio da 5 euro, ma noi vogliamo qualcosa di più.
Innanzitutto la tensione deve essere stabilizzata e filtrata (dettaglio fondamentale per il campo audio), e vogliamo poter regolare la tensione in uscita entro un certo range.

Per questo utilizzo è perfetto il circuito integrato regolatore LM317T, che garantisce una ottima regolazione in un ampio range di tensioni, una corrente d’uscita di 1,5A continui, oltre ad essere molto versatile. Nel nostro alimentatore infatti abbiamo aggiunto dei transistor di potenza all’uscita, per disporre di correnti fino a 3A.
Il trasformatore, il ponte raddrizzatore e i condensatori di filtro devono ovviamente soddisfare queste esigenze di corrente. Nello specifico, il nostro trasformatore erogava una tensione di 16 volt AC, ed è stato recuperato da un televisore.
La regolazione della tensione d’uscita si ottiene agendo su alcune resistenze e piazzando un trimmer; per ogni indicazione, fare riferimento al datasheet del chip.

Abbiamo deciso di mantenere separato lo stadio di alimentazione dall’amplificatore vero e proprio, per evitare problemi di interferenze e ronzii, che avrebbero vanificato completamente il nostro lavoro! Sicuramente lavorando sulla schermatura, sul posizionamento dei cavi e dei componenti ed usando magari un trasformatore toroidale, si possono arginare questi problemi ed avere un mobile che integra alimentazione ed amplificatore, ma per il nostro progetto è utile anche disporre di un alimentatore esterno, magari per alimentare più di un amplificatore (ad esempio per casse bi-amplificate).

Prova d’ascolto.
La qualità del suono dopo il nostro intervento non è cambiata, come era lecito aspettarsi, ma sicuramente l’amplificatore in questa forma è più adatto ad essere integrato in un sistema fisso, grazie ai connettori più “standard” e, non ultimo, l’aspetto estetico decisamente più gradevole (anche se ci vuole poco!). Abbiamo regolato l’alimentazione in modo da arrivare al limite, seguendo le indicazioni del datasheet, ma purtroppo il chip è defunto sui 13,5 volt. Una delle due uscite è in completo cortocircuito, per ora.

Coming soon…
A breve provvederemo a rimpiazzare l’elettronica del nostro piccolo amplificatore, proseguendo con il mod, e provando anche alcuni dei kit 41Hz.com.

Alberto